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Bolzano, Emilia e Valle d'Aosta più amiche delle mamme

Indice 'Le Equilibriste' di Save the Children 

Tra le regioni più amiche per le mamme svetta la Provincia autonoma di Bolzano, seguita da Emilia Romagna e Valle D'Aosta, mentre le condizioni più sfavorevoli si registrano in Basilicata, preceduta appena in fondo alla classifica da Sicilia e Campania. Lo si evince dall'ottava edizione del rapporto 'Le Equilibriste' di Save the Children. L'indice delle madri per regione è il risultato di una analisi basata su sette dimensioni: demografia, lavoro, servizi, salute, rappresentanza, violenza, soddisfazione soggettiva, per un totale di 14 indicatori da diverse fonti del sistema statistico nazionale.

Le prime tre superano di 10 punti il valore di riferimento nazionale di 100, seguite da Toscana, Provincia Autonoma di Trento, Umbria, Friuli-Venezia Giulia e Lombardia, che invece lo superano di poco. Fanalino di coda Basilicata, Campania, Sicilia, Calabria e Puglia che sono sotto il valore di riferimento di almeno 10 punti. Per quanto riguarda l'area della Demografia, l'indice vede tra le regioni più virtuose la Provincia Autonoma di Bolzano (138,5), nettamente sopra valore di riferimento fissato a 100 e quella di Trento (114,5), seguite da Sicilia (112,8), Campania (111,1) e Calabria (106,8). Al contrario, Sardegna (78,5), Basilicata, Molise (entrambe 90,5) e Umbria (94), registrano tassi molto al di sotto del valore nazionale, occupando gli ultimi posti dell'Indice. Nella dimensione del Lavoro primeggia l'Emilia-Romagna, il Piemonte, la Valle d'Aosta e la Lombardia. Regioni dove, per le madri è più facile trovare un impiego, non subire riduzioni di orario non volontarie o tenere un lavoro dopo la nascita di un figlio.

 

Di contro, Sicilia, Basilicata, Calabria e Campania non forniscono dati incoraggianti sull'occupazione delle mamme. Nell'area della Rappresentanza, relativa alla percentuale di donne in organi politici a livello locale per regione, Umbria, Veneto, Toscana, Emilia-Romagna occupano i primi posti. In Basilicata, Valle d'Aosta, Sardegna e Puglia la rappresentanza femminile è ben al di sotto del valore di riferimento nazionale. Emblematico il caso della Basilicata a più di 30 punti sotto la media. Nell'area Salute, spicca la Valle d'Aosta con ben 40 punti in più valore di riferimento nazionale, la Provincia Autonoma di Bolzano, l'Emilia-Romagna e la Toscana, mentre Calabria e Campania si posizionano agli ultimi posti con valori al di ben sotto di quello di riferimento. Le Province Autonome di Trento e Bolzano sono le regioni più virtuose per i servizi offerti alle mamme e ai loro bambini (asili nido, mense scolastiche, tempo pieno), seguite da Valle d'Aosta, Emilia-Romagna e Toscana. La Sicilia si posiziona all'ultimo posto preceduta da Campania, Calabria e Puglia. Le regioni dove l'area della Soddisfazione Soggettiva delle mamme raggiunge livelli più alti sono nuovamente le Province Autonome di Bolzano e Trento seguite da Umbria, Piemonte, Valle d'Aosta e Molise. Le regioni, invece, dove le mamme sono decisamente meno soddisfatte sono Calabria e Sicilia. Basilicata e Provincia Autonoma di Trento si posizionano agli ultimi posti nell'area Violenza, precedute da Campania, Sicilia, Puglia e Lazio. Le regioni più virtuose per quanto riguarda la presenza di centri antiviolenza e case rifugio sono invece Friuli-Venezia Giulia e Provincia Autonoma di Bolzano con uno stacco di più di 30 punti sul valore di riferimento nazionale, seguite da Molise, Valle d'Aosta, Emilia-Romagna e Abruzzo. Cinque ore e 5 minuti al giorno è il tempo dedicato dalle donne in Italia al lavoro non retribuito di cura domestica e della famiglia, contro un'ora e 48 minuti degli uomini. Il 74% di questo carico grava quindi su di loro, e anche quando contribuiscono al reddito e al lavoro tanto quanto gli uomini, dedicano alla cura 2,8 ore in più di loro, che salgono a 4,2 quando ci sono i figli. Ma, come sottolinea il rapporto, tra le pieghe del ménage familiare si intravede un trend positivo. Lo dimostra il numero maggiore dei padri che usufruiscono del congedo di paternità introdotto nel 2012, che dal 2013 sono quadruplicati raggiungendo quota 155.845 nel 2021, contro i 50.500 del 2013.

 

 

In Italia la coorte di donne in età fertile è diminuita nei decenni e si diventa madri sempre più tardi: l'età media al parto è di circa 32 anni, una delle più alte in Europa, e già nel 2019 l'8,9% dei primi parti riguardava madri ultraquarantenni. Se il rinvio della maternità e la bassa fecondità sono frutto di numerose concause, c'è una relazione diretta e positiva tra partecipazione femminile al mercato del lavoro e fecondità. Il mercato del lavoro sconta ancora un gap di genere fortissimo. Nel 2022, pur segnando una leggera decrescita, il divario lavorativo tra uomini e donne si è attestato al 17,5%, ma è ben più ampio in presenza di bambini: nella fascia di età 25-54 anni se c'è un figlio minore, il tasso di occupazione per le mamme si ferma al 63%, contro il 90,4% di quello dei papà, e con due figli minori scende fino al 56,1%, mentre i padri che lavorano sono ancora di più (90,8%), con un divario che sale a 34 punti percentuali. Lo si legge nell'ottavo edizione del rapporto "Le Equilibriste" di Save the Children. Pesano molto le differenze geografiche e il titolo di studio. Nel Mezzogiorno l'occupazione delle donne con figli si arena al 39,7% (46,4% se i figli non ci sono), contro il 71,5% del Nord (78,9% senza figli), e in Italia le madri laureate lavorano nell'83,2% dei casi, ma le lavoratrici sono molte meno tra chi ha il diploma della scuola superiore (60,8%) e precipitano al 37,4% se c'è solo la licenza media. Quando il lavoro per le donne c'è, un terzo delle occupate ha un contratto part-time (32% dei casi contro il 7% degli uomini); se ci sono figli minorenni la quota sale al 37%, a fronte del 5,3% dei padri, e con una metà quasi di queste mamme (15%) che si è vista costretta ad un part-time involontario, che non ha scelto. Il gap lavorativo per le donne legato a genere e genitorialità è ancora molto marcato in Italia, ancor più se si considerano le famiglie monogenitoriali (2,9 milioni nel 2021, il 17% del totale dei nuclei; nell'80% dei casi composte da madri single). Madri che si stima nel 44% dei casi vivano in una condizione di povertà, più diffusa tra chi ha un basso livello di istruzione (65%), rispetto a chi ha conseguito un livello di istruzione medio (37%) o alto (13%).

"Sappiamo che dove le donne lavorano di più nascono anche più bambini, con un legame tra maggiore fecondità e posizione lavorativa stabile di entrambi i partner. Tuttavia, la condizione lavorativa delle donne, e in particolare delle madri, nel nostro Paese è ancora ampiamente caratterizzata da instabilità e precarietà, a cui si aggiungono la carenza strutturale di servizi per l'infanzia, a partire dalla rete di asili nido sul territorio, e la mancanza di politiche per la promozione dell'equità nel carico di cura familiare. I provvedimenti approvati negli ultimi anni, pur andando nella giusta direzione, non sono che timidi passi sul fronte del sostegno alla genitorialità. Non possiamo permetterci di perdere l'occasione del Pnrr per costruire finalmente una rete capillare di servizi per la prima infanzia ed è altrettanto necessario andare con più forza verso un congedo di paternità paritario rispetto a quello delle madri. L'Italia è un paese a rischio futuro, e se è vero che il trend di denatalità non può essere invertito velocemente, è ancor più vero che è quanto mai urgente invertire il trend delle politiche a sostegno della genitorialità per non perdere altro tempo prezioso". Lo ha dichiarato Antonella Inverno, responsabile Politiche infanzia e adolescenza di Save the Children Italia, commentando l'ottava edizione del rapporto 'Le Equilibriste'.

 

 

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