Nel momento in cui nasce un figlio, a livello intrapsichico, la donna si confronta con l’essere stata figlia della propria madre. Esperienze difficili della propria storia infantile possono "intralciare" la relazione con il proprio figlio, rischiando di trasmettere, di generazione in generazione, eventuali fragilità relazionali. Uno studio di Lancet del 2014 titolava: “Non esiste salute senza salute mentale perinatale”. “È la radice del benessere psicofisico: se si vuole fare prevenzione bisogna intervenire precocemente, facilitando e sostenendo la relazione madre-bambino”, avvertono le psichiatre Franca Aceti e Nicoletta Giacchetti, che hanno attivato un Servizio di Psicopatologia Perinatale presso il Policlinico Umberto I di Roma.
Intervenire precocemente ridurrebbe i costi sociali derivanti dal disagio emotivo perinatale: solo negli Stati Uniti, su una stima di 4 milioni o più di nascite l’anno, superano i 362 milioni di dollari. Per questo nel 2010 è stato dato mandato alle assicurazioni americane di coprire lo screening per la depressione post-parto. I figli di genitori depressi hanno dal 5% al 70% di possibilità di sviluppare da adulti disturbi psichiatrici e sono più facilmente vittime di abusi entro i 10 anni.
Sulla depressione post-parto c'è un sommerso enorme, affermano le esperte: i dati epidemiologici indicano che tra l’8,5 e il 13% delle donne va incontro ad un episodio di depressione durante la gravidanza. Circa il 10% delle gravidanze può sfociare in un atteggiamento di rifiuto verso il figlio, con conseguenze sullo sviluppo psicofisico del bambino fino al rischio di neonaticidio o infanticidio.
Campanelli di allarme sono insonnia marcata, labilità emotiva, controllo ossessivo sul sonno e sull’alimentazione, paure eccessive. “I pediatri e i ginecologi dovrebbero essere sensibilizzati a riconoscere il problema. Spesso anche la famiglia e i partner, pur allarmati, tendono a minimizzare, perché nella società una madre in difficoltà è "contro natura". Sarebbe auspicabile che le donne si rivolgessero, andando oltre i pregiudizi, ai consultori o ai servizi dedicati”, affermano le psichiatre Aceti e Giacchetti.
Nel caso in cui emerga un disturbo clinico durante la gravidanza o nel post-parto, in Europa, negli Stati Uniti, in Australia e in altri Paesi, sono presenti le unità madri-bambino (mother-baby unit) dove la donna può essere ricoverata con il neonato, supportata da un team di specialisti. “In Italia non esistono, e le donne, quando necessario, vengono ricoverate in reparti per pazienti psichiatrici, naturalmente senza i figli, con il rischio di alimentare i vissuti di inadeguatezza della donna" affermano Aceti e Giacchetti.
C’è poi da considerare il conflitto a cui la donna oggi è più esposta, tra procreatività e professionalità. "E’ uno dei fattori che ha spostato in avanti l’età della maternità, illudendo spesso le donne che ci sia tempo per avere un figlio, nonostante l'età biologica, ricorrendo sempre più spesso alla procreazione assistita (PMA)", afferma Aceti. Così come è sempre crescente anche la tendenza di molte donne a fare figli da sole, attraverso la PMA. "Questo amplifica la solitudine – evidenzia Giacchetti - e alimenta al tempo stesso l’illusione di poter fare tutto da sola".