"Il governo ha recentemente
licenziato il Dpcm che dà il via alla fase di privatizzazione di
alcune aziende del Paese tra cui Poste Italiane con l'immissione
sul mercato delle quote (29.26%) possedute dal Mef. Come
organizzazione sindacali siamo fortemente contrari a questa
ulteriore privatizzazione per diversi motivi": lo affermano in
una nota congiunta le segreterie regionali dell'Umbria Slp Cisl,
Slc Cgil, Uilposte, Failp Cisal, Confsal com, Fnc-Ugl com.
"Con l'avvento di investitori privati - spiegano i sindacati
- e la conseguente perdita del controllo pubblico si rischia di
perdere la capillarità della rete che eroga i servizi ai
cittadini anche nelle comunità più remote e assicura il servizio
universale del recapito in tutte le realtà geografiche. La
possibile razionalizzazione degli uffici postali potrebbe
comportare nel breve termine sia una riduzione del personale con
ricadute occupazionali su tutta la nostra regione, che uno
scadimento della qualità dei servizi erogati al cittadino. Il
superamento dell'unitarietà del gruppo mette a serio rischio di
sopravvivenza tutta la filiera del recapito postale, su cui
insiste il servizio universale, ad oggi meno remunerativo
rispetto ai servizi finanziari, assicurativi e di bancoposta.
La rete immateriale di Poste Italiane con oltre 30 milioni di
rapporti intrattenuti con cittadini e Pmi, fa gola a molti. Essa
rappresenta un fattore strategico per lo sviluppo dell'intero
Paese, ma solo mantenendo il controllo pubblico potremo avere
garanzia del mantenimento della socialità dei servizi, così come
storicamente rappresentati da Poste Italiane da oltre 160 anni.
Se la logica del puro profitto, propria dei fondi speculativi,
dovesse sostituire l'attuale governance, questo non sarà più
possibile. In conclusione riteniamo che tutta l'operazione sia
una inutile svendita, una operazione di mera cassa finalizzata
ad abbattere il debito pubblico di insignificanti decimali, che
va paradossalmente a discapito dello stesso bilancio pubblico.
La vendita delle quote azionarie detenute dal Mef, infatti,
comporta la rinuncia ai corposi dividendi distribuiti fra gli
azionisti in questi anni. E' invece utile ricordare che Poste
Italiane, come afferma l'ad Matteo del Fante, ha chiuso il 2023
con 12 miliardi di ricavi, 2,6 miliardi di utile operativo e 1,9
miliardi di utile netto. Possibile che si voglia rinunciare a
tutto questo?".
In Umbria gli uffici postali, esclusi i 16 centri che si
occupano di recapito e logistica, sono 258 (191 in provincia di
Perugia e 67 in provincia di Terni) e i lavoratori di Poste
Italiane sono circa 1.600.
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