I Comuni sotto i 20 mila abitanti
prediligono in particolare gli insediamenti manifatturieri, con
il 54% delle imprese industriali (514.069), il 56% degli addetti
(3.029.993) e il 53% del Pil (182,8 miliardi di euro).
Viceversa, il settore dei servizi è concentrato in particolar
modo nelle grandi realtà urbane: nelle città con più di 100 mila
abitanti, infatti, vi è il 32% delle unità locali di questo
settore, il 37% degli addetti e il 44% del valore aggiunto. I
piccoli Comuni tuttavia svolgono anche nei servizi un ruolo per
nulla marginale, rappresentando il 38% delle imprese (1.388.939
unità), il 33% degli addetti (3.846.275 addetti) e il 28% del
valore aggiunto (137,5 miliardi di euro).
A livello regionale, solo in Emilia-Romagna, Liguria e Lazio
l'incidenza percentuale delle aziende ubicate nei comuni con più
di 100 mila abitanti è superiore a quella nelle amministrazioni
con meno di 20 mila abitanti. Per Liguria e Lazio, in particolar
modo, questo risultato è ascrivibile al "peso" demografico che i
comuni di Genova e Roma hanno nei confronti delle proprie
regioni.
"I comuni a minor dimensione demografica, assieme a quelli di
media dimensione - commenta Francesco Pinto, segretario generale
Asmel - sono i principali soggetti economico- istituzionali cui
la politica, anche ai fini della 'messa a terra' del Pnrr,
dovrebbe guardare con maggiore attenzione. Invece il metodo Pnrr
privilegia i grandi apparati comunali e concede ai piccoli e
medi Comuni di sperare nella lotteria per l'accesso ai
finanziamenti".
Riproduzione riservata © Copyright ANSA