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Massimo Recalcati, 'l'inconscio è nostro amico'

Massimo Recalcati, 'l'inconscio è nostro amico'

A Libri Come lo psicoterapeuta e la parte più profonda di noi

ROMA, 25 marzo 2024, 18:42

Redazione ANSA

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MASSIMO RECALCATI, 'L 'INCONSCIO È NOSTRO AMICO ' - RIPRODUZIONE RISERVATA

MASSIMO RECALCATI, ELOGIO DELL'INCONSCIO (CASTELVECCHI, PP. 144, EURO 17,50)

L'inconscio secondo alcuni è soltanto un luogo dell'irrazionale, del sottosuolo, di ciò che è oscuro e nascosto, contrapposto alla ragione. Tuttavia, l'inconscio ha una sua dignità, e ci differenza dai robot e dalle macchine. Ci rende esseri unici e speciali. Ognuno con la propria individualità. La parte più profonda di noi stessi è uno spazio creativo, ricorda Massimo Recalcati, filosofo, saggista, psicoanalista. A Libri Come 2024, la festa del libro e della lettura all'Auditorium Parco della Musica a Roma, ha presentato il suo saggio Elogio dell'inconscio, uscito per Castelvecchi, e ha sottolineato: "Una vita senza inconscio sarebbe una vita senza desiderio". "L'essere umano non è una macchina" e "non esiste una misura universale della felicità. L'esistenza dell'inconscio ci impone di non smarrire il nostro rapporto singolare con il desiderio", racconta nel volume. Come ci parla l'inconscio? Attraverso i lapsus. Recalcati riferisce un aneddoto esemplare che riguarda lo scivolone di un suo paziente: un uomo che non voleva sposare la sua fidanzata, benché tutti lo spingessero in tal direzione, durante una seduta di analisi arrivò a chiamare il 'matrimonio' un 'manicomio'. La parola 'manicomio', commenta Recalcati, illumina sulle reali intenzioni di questa persona che, appunto, non aveva nessuna voglia di convolare a nozze. L'inconscio comunica, tenta di emergere in ogni modo, spinge, quando non viene ascoltato.
    L'inconscio comunica anche attraverso i malanni. Recalcati ricorda che una sua paziente iniziò ad avere male alle ginocchia quando venne lasciata dal fidanzato. L'amato si chiamava Gino; in questo caso il nome proprio del boyfriend coincide con l'arto dolorante, analizza Recalcati che aggiunge: il dolore si fa sentire "quando l'occhio di Gino se ne va. Il Gin-occhio".
    L'inconscio parla anche attraverso le 'parole-proiettile' che sono quelle che ci vengono scagliate contro dagli altri provocando ferite profonde. Sono gli appellativi che ci vengono dati, per esempio, dai genitori o da chi incontriamo nel nostro cammino di vita. Recalcati fa l'esempio di due geni della letteratura, Flaubert e Genet, entrambi con un'infanzia tormentata. Riuscirono però a trasformare la sofferenza e i tagli dell'anima in qualcosa di bello: la poesia, il teatro, la letteratura. L'inconscio, ed è appunto questa la sintesi del libro di Recalcati, fa rumore incessantemente, come potrebbe fare un disturbatore in un'aula, però portarlo via di forza è assolutamente sbagliato: bisogna, invece, lasciarlo esprimere.

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