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“Cronicità della malattia e passioni vitali”, l’esistenza piena di chi non si lascia spegnere

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“Cronicità della malattia e passioni vitali”, l’esistenza piena di chi non si lascia spegnere

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Responsabilità editoriale di NEW LIFE BOOK

Attraverso la toccante testimonianza della vita e della malattia del padre, Miriam Enrica Franzin individua nelle passioni vitali la bussola nella tempesta della malattia cronica

29 febbraio 2024, 18:07

NEW LIFE BOOK

- RIPRODUZIONE RISERVATA

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Scoprire la cronicità di una malattia è come un fulmine a ciel sereno, un evento che segna un prima e un dopo tanto per il malato quanto per chi lo ama e gli sta intorno. Mentre fino a quel momento la vita poteva sembrare un viaggio con mete ben definite e speranze a cui aggrapparsi, una simile diagnosi getta un’ombra di incertezza su ogni passo futuro, modificando irrevocabilmente il paesaggio emotivo e psicologico di tutti coloro siano coinvolti. Quando si cronicizza, la malattia non è più un ostacolo da superare, presto o tardi, con forza di volontà e trattamenti medici, ma come una compagna di viaggio dalla quale non si può prescindere. Viene a crearsi, per il malato e per i suoi cari, un contesto di cambiamento e adattamento, in cui diventano fondamentali il sostegno reciproco e la solidarietà. Ogni piccolo passo avanti, ogni gesto di amore e supporto diventa un faro di speranza in mezzo alla tempesta.

Tra le pagine del libro “Cronicità della malattia e passioni vitali” (Gruppo Albatros il Filo, 2023), l’autrice Miriam Franzin tenta di rispondere a un importante interrogativo: dove trovare la motivazione di andare avanti e di gestire con dignità l’ultima fase della propria esistenza? Raccontando la storia e l’esperienza di suo padre Enrico, malato cronico di mieloma multiplo, Franzin offre da una parte la testimonianza di un’esperienza personale, dall’altra si serve della vasta letteratura sul tema per fornire una visione quanto più possibile oggettiva sugli aspetti e sulle conseguenze psicosociali dovute alla cronicità delle malattie, attraverso gli studi e le analisi degli esperti.

Franzin riconosce l’obiettivo del suo libro nella necessità di dimostrare quanto i gesti più semplici della quotidianità possano essere significativi per lenire il dolore e la fatica, per restituire un sorriso, un istante di serenità. Scrive infatti: “La cronicità della malattia può essere vissuta in due modalità, come un calvario, dove dolore fisico e sconforto psicologico si uniscono e aumentano con il tempo togliendo ogni speranza, o come una sorta di temporaneo tormento michelangiolesco, dove, per alcuni frammenti di tempo, il malato concentra il suo pensiero nell’emozione e nell’esperienza piacevole che sta vivendo, sentendosi per un po’ un uomo in salute.”

Se dunque la cronicità della malattia è una costante con la quale si rende necessario imparare a convivere, è sulle passioni vitali che bisogna fare leva, affinché la scintilla di ogni giorno non si spenga, ma al contrario, si possa godere fino in fondo di ciò che ha reso significativa la propria vita. Certo, l’autrice ci tiene a sottolineare che non si può fingere che la malattia non esista o che non limiti in qualche in modo le possibilità del malato. Lasciare però che la malattia spazzi via tutto ciò che è stato della persona, fino quasi a sostituirsi a essa, sarebbe un furto di vita, “una chiusura inopportuna del sipario dell’esistenza”.

Miriam Enrica Franzin desidera arricchire quella che vede come una lacuna incolmabile della letteratura scientifica: raccontare la vita, l’esperienza personale e collettiva, non “con” la malattia, ma “nonostante” essa. Tra le sue pagine colleziona toccanti ricordi e momenti di condivisione profonda vissuti con il padre, la stessa passione per il mare, le parole d’affetto dosate con pudicizia, ma forse proprio per questo capaci di lascare un’impronta indelebile nell’anima.

Franzin non prova a edulcorare nulla dell’esperienza vissuta. Racconta infatti che il padre Enrico, una volta ricevuta la diagnosi pesante come una sentenza, si ritirò in un silenzio durato alcuni giorni, nel quale non era ammesso nessuno. Era tanta la frustrazione, il senso di impotenza di una mente lucida e attiva che vede il proprio corpo – da sempre atletico e sportivo – abbandonarlo lentamente. Al tempo stesso, al fianco delle attente cure dei medici, nelle quali l’uomo aveva sempre riposto cieca fiducia, sono l’amore della moglie e dei figli ad accompagnarlo, a permettergli di non sentirsi solo in un momento tanto delicato. Dopo un congruo tempo di discernimento e riflessione, l’uomo esce dal suo silenzio con un obiettivo: riprogrammare i suoi giorni non soltanto come pensionato o come malato, ma come persona amante della vita. Una cosa è certa e si evince chiaramente dalle pagine dell’autrice: una forza vitale così forte non può spegnersi, nemmeno dopo la più terribile delle diagnosi.

Il libro di Franzin difficilmente può essere inquadrato in un unico genere: la sua struttura narrativa è articolata, una commistione tra elementi di romanzo, cronaca di vita e guida pratica. L’approccio alla lettura può essere lineare o antologico, poiché ciascun capitolo tratta e approfondisce un tema particolare in tutte le sue sfaccettature. Così facendo, l’autrice offre una visione completa della vita di Enrico e delle sue sfide, presentando i diversi punti di vista dei protagonisti della sua storia e alternando momenti di intensa commozione ad altri di spensierata ironia. Con un linguaggio accessibile e coinvolgente, l’autrice non rivolge l’opera unicamente agli addetti ai lavori, al contrario, la rende accessibile a un vasto pubblico, tendendo una mano a tutte quelle persone che ogni giorno necessitano di un po’ di conforto da parte di chi ha vissuto e affrontato le proprie stesse sfide.

Passione per la letteratura, per lo sport, i viaggi, l’arte: la vita di Enrico si schiude in un tripudio di bellezza tra le pagine. Seppure con maggiori difficoltà, l’uomo non rinuncia a nessuno di questi piaceri, coltivati durante tutta la vita. Franzin racconta piccoli aneddoti quotidiani: ci emoziona riuscire quasi vedere le sottolineature sugli antichi libri di famiglia, sentire il desiderio di conoscenza e la fatica di conquistarsi la possibilità di viaggiare per un mondo non ancora globalizzato, il riconoscere nella propria sofferenza un dolore affine a quello provato da Michelangelo mentre cercava, con le sue ultime forze, di terminare la Cappella Sistina. Allo stesso modo, ricorda l’importanza per il malato di continuare a prendersi cura del proprio corpo attraverso l’attività fisica: sono preziose in questo caso le parole di Umberto Veronesi, che durante una delle sue interviste affermava: «Lo sport è un’arma in più per vincere la partita con il cancro». Non sempre questa partita si può vincere, ma questo non significa concederle la vittoria a tavolino scegliendo di non competere.

Infine, come avviene nella vita di ogni giorno, non sempre è possibile dividere il proprio tempo con gli altri, al contrario, ci sono dei momenti in cui si rende necessario recuperare i propri spazi. La dimensione individuale diventa così un preziosissimo tempio da curare e custodire, comodo e accogliente per garantire il riposo del corpo e dello spirito ogni qual volta si renda necessario. Franzin racconta che quando il mieloma era diventato cronico, il padre aveva trasformato la propria casa nel suo paradiso, curato nei più piccoli dettagli. Circondato dalle persone e dalle cose che amava, la sua degenza riusciva ad essere, per certi versi, più leggera da sopportare.

“Cronicità della malattia e passioni vitali” è un volume prezioso e sincero, la testimonianza di una vita che non si arrende e che conserva la sua pienezza e dignità fino all’ultimo respiro. Con le sue pagine, Miriam Enrica Franzin vuole ricordarci che al centro della nostra riflessione non deve esserci soltanto la malattia, ma soprattutto la persona, e che in quanto tale deve essere accompagnata in una vita piena, in tutte le sue fasi. In un mondo dominato dalla fretta, questo libro sottolinea l’importanza di abbracciare la nostra umanità e di coltivare le nostre passioni, anche nelle circostanze più difficili.

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