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Prime celle fotovoltaiche biologiche, alimentate da batteri

Prime celle fotovoltaiche biologiche, alimentate da batteri

Possono ricaricare piccoli dispositivi grazie alla fotosintesi

16 maggio 2022, 09:32

Redazione ANSA

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I cianobatteri Synechocystis (fonte: BASF) - RIPRODUZIONE RISERVATA

I cianobatteri Synechocystis (fonte: BASF) - RIPRODUZIONE RISERVATA
I cianobatteri Synechocystis (fonte: BASF) - RIPRODUZIONE RISERVATA
Pronte le prime celle fotovoltaiche biologiche, alimentate con batteri che producono energia tramite la fotosintesi, in quantità sufficiente a ricaricare piccoli dispositivi, come smartwatch e sensori di temperatura. Le ha realizzate il gruppo di ricerca guidato dall’italiano Paolo Bombelli, di Università di Cambridge e Università di Milano, che ne ha già testato l’efficienza alimentando un microprocessore per oltre un anno, utilizzando nient’altro che luce e acqua. Lo studio, pubblicato sulla rivista Energy & Environmental Science, apre le porte ad un nuovo modo affidabile e sostenibile per alimentare la crescente domanda di energia dell’Internet delle Cose.“Il sistema è ancora attivo dopo un anno, anche se non più collegato al microprocessore”, dice all’ANSA Bombelli. “Attualmente si trova nel nostro laboratorio, dove continuiamo a registrare l’energia che produce – aggiunge il ricercatore – ma senza usarlo per far funzionare altri dispositivi. Inizialmente pensavamo che si sarebbe fermato dopo alcune settimane, invece ha continuato a funzionare”.Il sistema, di dimensioni simili a quelle di una normale pila, contiene un genere di cianobatteri chiamati Synechocystis, spesso impropriamente detti ‘alghe blu’, in grado di sopravvivere anche tramite fotosintesi. I ricercatori hanno utilizzato materiali molto comuni, economici e riciclabili, rendendo queste celle fotovoltaiche biologiche facili da produrre su scala industriale.I batteri, inoltre, continuano a lavorare e a generare elettricità anche in assenza di luce, anche se in misura minore. “Questo perché parte degli elettroni sono generati attraverso vie alternative alla fotosintesi”, spiega Bombelli. “Detto questo, lasciando il sistema in assenza di luce in modo costante e prolungato, la produzione si esaurirebbe”.

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