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Coronavirus: studio a Napoli, quarantena fa bene al diabete

Coronavirus: studio a Napoli, quarantena fa bene al diabete

Gruppo della Federico II,meno pasti fuori casa, più tempo per sé

NAPOLI, 19 giugno 2020, 17:05

Redazione ANSA

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Sembra un paradosso, ma la quarantena fa bene ai diabete.. Il lockdown ha risincronizzato i nostri bioritmi? Il miglioramento del compenso glicemico nei pazienti con diabete tipo 1 suggerisce di sì, come dimostrato da uno studio recentemente pubblicato sulla rivista scientifica Diabetes Care della American Diabetes Association, condotto dai professori Brunella Capaldo, Giovanni Annuzzi e Lutgarda Bozzetto ed altri ricercatori dell'Unità Operativa Complessa (U.O.C.) di Diabetologia dell'Azienda ospedaliera universitaria Federico II di Napoli, diretta dalla professoressa Angela Rivellese.
    Il diabete tipo 1, spiegano i ricercatori, è una malattia cronica con un grosso impatto sulla qualità di vita dei pazienti. È infatti necessaria una ferrea autodisciplina per aderire a tutte le indicazioni terapeutiche necessarie a mantenere un buon compenso glicemico, che è fortemente influenzato dallo stile di vita. Pertanto, i pazienti devono interagire frequentemente con il proprio team diabetologico per ricevere l'educazione e il supporto necessari, fra l'altro, ad adeguare la somministrazione di insulina alle variazioni dell'alimentazione e dell'attività fisica. Tutto ciò si deve inserire negli impegni della vita quotidiana caratterizzata da ritmi pressanti e spesso imprevedibili.
    Il lockdown imposto dalla pandemia COVID-19 ha stravolto le abitudini di vita delle persone, rileva il professor Annuzzi, e reso più difficile l'accesso dei pazienti ai servizi sanitari, con possibili ricadute negative sulla gestione delle malattie cronico-degenerative, incluse il diabete. In questo contesto, particolarmente nei pazienti affetti dal diabete tipo 1, uno strumento molto importante si è rivelata la telemedicina, cioè la possibilità di fare le visite a distanza, favorita dal fatto che molti di questi pazienti utilizzano i nuovi sistemi di monitoraggio in continuo della glicemia che consentono al diabetologo di visualizzare in remoto l'andamento giornaliero della glicemia, minuto per minuto, e suggerire eventuali modifiche della terapia insulinica.
    Lo studio ha dimostrato un miglioramento del compenso glicemico durante il periodo di quarantena in 207 adulti con diabete tipo 1 che utilizzavano il monitoraggio continuo della glicemia. In particolare, i pazienti hanno trascorso più tempo con valori glicemici nell'intervallo raccomandato con riduzione delle oscillazioni glicemiche giornaliere, delle ipoglicemie e delle iperglicemie rispetto alle settimane precedenti il lockdown. Questi miglioramenti, in qualche modo inattesi, sono stati ottenuti nonostante non ci fosse una riduzione dell'introito calorico giornaliero e, come c'era da aspettarsi, non fosse aumentata l'attività fisica. Il miglioramento del controllo glicemico osservato in questo studio, affermano i ricercatori, sembrerebbe essere dovuto a uno stile di vita più regolare: meno pasti fuori casa e più tempo per la cura di sé e per la gestione ottimale della terapia insulinica. Un ruolo importante nel raggiungimento di questo risultato è stato svolto dalla telemedicina, supportata dalle risorse digitali attualmente disponibili in diabetologia, che ha consentito al team diabetologico della Federico II di garantire la continuità assistenziale nonostante le difficoltà logistiche legate alla pandemia COVID-19.
    Dallo studio si evince un importante insegnamento, che trascende i problemi legati all'emergenza coronavirus, per tutte le persone con diabete: il benessere psico-fisico si può raggiungere solo con un ritmo di vita meno stressante e più regolare che contempli orari dei pasti e di riposo abbastanza costanti e sufficiente tempo da dedicare a se stessi e ai propri interessi. "Dopo questa drammatica esperienza, dobbiamo imparare a guardare al futuro con occhi diversi" conclude Annuzzi.
   
   

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