(di Giorgia Colucci)
Il mondo ha fame di petrolio. Il
futuro saranno anche le fonti energetiche alternative, ma al
momento dell' 'oro nero' non si riesce a fare a meno. L'allarme
arriva dal rapporto del Global Energy Monitor (Gem) secondo il
quale sono in fase di sviluppo più di 24mila chilometri di
oleodotti nel mondo. Per dare un termine di paragone, i nuovi
impianti copriranno in totale una lunghezza pari a quasi il
doppio del diametro della Terra.
Una rete così capillare faciliterà le forniture di petrolio,
rallentate dalle conseguenze della guerra in Ucraina. Secondo le
stime infatti, solo i due terzi di tutti gli impianti potrebbero
trasportare fino a 20 miliardi di barili al giorno. Però,
avvertono gli esperti, una tale quantità di greggio, se
utilizzata, potrebbe produrre fino a 4,6 miliardi di tonnellate
di CO2 all'anno. Anche in questo caso è utile un termine di
paragone: si tratta di una cifra pari alle emissioni degli Stati
Uniti in un intero anno.
Circa il 40% dei nuovi oleodotti è già in costruzione. Ciò si
traduce in 10mila chilometri e in un investimento di 75 miliardi
di dollari, che, secondo il Gem, potrebbero andare in fumo, se i
lavori fossero interrotti a causa delle norme per contenere il
riscaldamento globale. A maggio 2021 l'Agenzia internazionale
per l'energia aveva definito i nuovi giacimenti di petrolio e
gas incompatibili con i limiti per le emissioni fissati dagli
Accordi di Parigi del 2015.
La maggioranza dei progetti è a guida di Usa, Russia, Cina e
India. A trainarli, secondo gli analisti, sono i profitti record
delle aziende del settore negli ultimi due anni: la guerra in
Ucraina e la ripresa economica dopo la pandemia hanno fatto
schizzare i prezzi del petrolio alle stelle.
Rispetto al 2019, afferma il report, la lunghezza degli
oleodotti in costruzione è più che raddoppiata. Di contro, per
quelli proposti per il futuro si è all'incirca dimezzata.
La geopolitica del petrolio vede attiva anche la Russia.
Mosca, per superare il boicottaggio di petrolio e gas da parte
degli Stati occidentali, sta costruendo impianti per 2mila
chilometri attraverso il Mare del Nord, in particolare verso
Cina e India. Trai progetti c'è anche il Caspio, che entro il
2023 trasporterà 230mila barili di greggio dalla Russia al
Kazakistan. Un progetto che in questo caso interessa anche
l'Italia: nel suo sviluppo sono coinvolti compagnie estere come
la francese Shell, l'americana Exxon, la britannica BP e anche
l'italiana Eni.
La maggior parte dei nuovi oleodotti però si troveranno
nell'Africa subsahariana, che sembra un po' la terra promessa
dell'oro nero: 2mila chilometri sono già in costruzione e presto
se ne aggiungeranno altri 4.500. Nei lavori di costruzione Nuova
Delhi è la leader indiscussa, mentre il fronte della
progettazione è ancora dominato da Washington e Pechino.
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