Aumentano le richieste di aiuto ai
centri antiviolenza, ma non solo perché sale il numero degli
episodi di maltrattamento: fortunatamente cresce nelle donne la
consapevolezza della violenza subita e si fa strada il coraggio
di reagire. "L'uomo non nasce maltrattante, lo diventa. Bisogna
investire molto nella formazione, soprattutto delle forze
dell'ordine: quando una donna si reca da carabinieri e polizia
per denunciare una violenza di genere rischia di trovarsi
davanti una persona che non ha contezza della pericolosità del
comportamento segnalato e che può fraintendere o ricondurre il
tutto al semplice litigio tra marito e moglie". E' l'idea, a
proposito di strumenti per arginare la violenza di genere,
dell'avvocato Maria Franca D'Agostino, presidente della
Commissione Pari Opportunità della Regione Abruzzo, che oggi
parteciperà al dibattito "Donne, leggi e società: il lungo
cammino verso l'eguaglianza", organizzato a Chieti dal Comitato
Unico di Garanzia (Cug) dell'università 'D'Annunzio'.
"C'è sicuramente un aumento delle richieste di aiuto a
livello nazionale, europeo e mondiale", sottolinea, ma
deterrenti e strategie esistono: "A Pescara c'è il Gruppo di
lavoro interforze antiviolenza (Gav), un ufficio in tribunale
dove la donna che sporge denuncia trova persone specializzate
sul tema, che capiscono subito la gravità e il livello di
pericolo".
I dati parlano di una media di un femminicidio ogni tre
giorni in Italia, quattro al giorno in Europa; c'è poi un
aumento delle richieste di aiuto di donne di tutte le fasce
d'età anche in Abruzzo, con un'escalation dopo l'assassinio di
Giulia Cecchettin nel novembre 2023. "Campanello d'allarme è
anche il fatto che i giovani tendano a normalizzare le violenze
verbali, economiche, psicologiche, fisiche. Anzitutto le donne
stesse devono essere messe in condizione di capire che certi
comportamenti sono la spia di un maltrattante" aggiunge
D'Agostino. Porta poi ad esempio le domande fatte da ragazzine
di 11 e 12 anni nel corso di eventi nelle scuole, con i loro
dubbi sull'opportunità di inviare foto a persone conosciute sui
social. E ancora, le incertezze delle più grandi, "che
interpretano il divieto del fidanzato di indossare la minigonna
come un'affettuosa gelosia e non come una forma di possesso".
"L'educazione, nelle scuole e in ogni dove, funziona. Per
educare a rapporti sani - conclude D'Agostino - dovrebbe esserci
una lezione settimanale sulle pari opportunità che comprendesse,
oltre ai diritti delle donne, le discriminazioni in generale e,
soprattutto, discorsi sul rispetto e sulla cultura della
non-violenza. Occorrerebbe a livello europeo una norma che
coordinasse meglio i vari Stati che invece continuano a
legiferare in tale materia ciascuno in maniera diversa
dall'altro".
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