Francesco Terracina
(GIOSUÈ CALACIURA, "UNA NOTTE",
SELLERIO, PP. 205, 16 EURO).
Comincia con il "Bambino buono" e finisce con "L'uomo cattivo".
I dieci quadri che compongono il libro di Giosuè Calaciura, "Una
Notte", si aggiungono alla mostra dei vinti, un'"antologica" che
ripercorre l'itinerario dello scrittore palermitano, partito con
il monologo del mafioso di "Malacarne" (1998), che sciorina
l'orrore del suo passato e in qualche modo dichiara una
sconfitta: "Non eravamo più niente, signor giudice", è il
refrain che accompagna la confessione del protagonista davanti a
un magistrato silente. E non è più niente l'umanità perduta che
in quest'ultimo romanzo confluisce verso Betlemme dove al
termine della notte nascerà Gesù, il re dei re che dovrà
salvarli dalla condizione di reietti.
Ma neanche quella miracolosa nascita ha alcunché di
straordinario. L'evento seguiva un copione già scritto: Maria e
Giuseppe, che non trovano un letto e un riparo, sono nulla di
più che attori su un palcoscenico. Osti e albergatori che negano
loro ospitalità, più avanti "avrebbero giustificato il loro
rifiuto e gli altri a venire, opponendo la necessità del loro
ruolo nella logica di quella sacra rappresentazione… Era solo
cattiveria di scena", altrimenti "la profezia non avrebbe avuto
seguito né successo".
La purezza, raro antidoto ai mali del mondo, è tutta
concentrata nei "bambini e altri animali", per rievocare il
titolo di una felice raccolta di racconti pubblicata nove anni
fa da Calaciura. Il bene risiede tutto nell'inconsapevolezza di
sé, nel bambino scambiato, come accade a Gesù, che perduto tra i
neonati viene raccolto a caso dalla madre nella folla dei
lattanti, perché i piccoli sono tutti uguali e l'uno vale
l'altro, e le donne "non seppero mai a chi di loro spettò il
Bambino prezioso e tanto atteso… In quel sorteggio di neonati
ogni madre prendeva a caso secondo simpatia il bambino più
vicino e disponibile".
Nel caos degli equivoci, tra ladri, fattucchiere, orfani,
prostitute, usurai, violentatori, animali scannati con gratuita
violenza ("il bue segue la trattativa tra gli affamati e il
macellaio"), le vittime dividono con i carnefici l'insensatezza
dello stare al mondo, ma anche la fascinazione della lingua
dell'autore che, sgravata dalla zavorra dei concetti, si posa
sui personaggi come una carezza.
Il ritorno di Calaciura agli appunti della storia, dopo il
recente "Io sono Gesù" del 2021, porta a spasso la
contemporaneità in un'era lontana, come se la linea
dell'evoluzione sentisse la nostalgia della spada e del sangue.
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