È un passo importante verso un
agricoltura più 'verde' e sostenibile la scoperta, fatta da un
gruppo di ricercatori italiani coordinato dalla Scuola Superiore
Sant'Anna di Pisa, che dimostra come fare a meno dell'erbicida
più usato al mondo, il glifosate, con una resa delle colture
paragonabile se non superiore. La conferma arriva da uno studio
triennale pubblicato sulla rivista Agronomy for Sustainable
Development, che ha valutato gli effetti della semina del
girasole lasciando sul terreno i residui di una pianta chiamata
veccia, comune nei prati.
I ricercatori, guidati da Daniele Antichi, hanno costruito un
'sistema' per potenziare al massimo i servizi forniti
spontaneamente dalla natura, introducendo alcune innovazioni.
Utilizzando la copertura di veccia, infatti, sono riusciti a
proteggere il suolo, riducendo la presenza di erbacce e fornendo
contemporaneamente azoto al girasole, contribuendo alla sua
crescita sana e rigogliosa. Utilizzando sulla veccia il 'roller
crimper' (un attrezzo che comprime ma non taglia alla base le
piante) e senza fare uso di glifosate, le piante infestanti del
girasole sono state controllate del tutto e la coltura ha dato
risultati produttivi ed economici paragonabili, se non
superiori, rispetto alla tradizionale tecnica.
"Numerose evidenze scientifiche indicano che il glifosate non è
così innocuo come sembrava", commenta Paolo Bàrberi, uno degli
autori dello studio. "Residui di questa sostanza vengono
costantemente ritrovati nel suolo e nelle acque e l'erbicida è
stato inserito dall'Agenzia Internazionale per la Ricerca sul
Cancro (Iarc) come sostanza sospettata di causare tumori. Alla
fine del 2022 l'Unione Europea dovrà decidere sul rinnovo
dell'autorizzazione all'uso del glifosate - continua Bàrberi -
ma è già evidente che si andrà verso una sua progressiva
restrizione: pertanto, c'è urgente richiesta di soluzioni
valide, che permettano di svincolarsi dall'uso di questo
erbicida".
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