(di Paolo Petroni)
ISAAC BASHEVIS SINGER, ''UN AMICO DI
KAFKA'' (ADELPHI, pp. 338 - 22,00 euro - Traduzione di Katia
Bagnoli). Tutta la narrativa di Isaac Bashevis Singer è
profondamente legata alla sua vita e al suo mondo, da quello
lasciato in Europa, il quotidiano, l'Yddish e la nostalgia e la
difficoltà di vivere in Polonia, a quello trovato e vissuto in
America, raccontando esistenze dissipate per liberarsi del peso
del passato e delle persecuzioni razziali. Così in questa bella
raccolta di suoi racconti da lui stesso tradotti in inglese,
pubblicata la prima volta a New York nel 1970, ne ritroviamo la
maestria del racconto e della scrittura proprio in due brani che
sembrano particolarmente autobiografici, quello splendido che dà
il titolo al volume e soprattutto ''Il figlio'', sull'incontro,
dopo quasi 50 anni, con Israel Zamir, il figlio rimasto in
Polonia con la madre, con la quale poi raggiunse
avventurosamente Israele, dove si stabilirono.
Naturalmente anche tutto il resto è vita vissuta, osservata
con la lente dello scrittore affascinato dalle debolezze di
un'umanità che ben conosce e indaga, cogliendone debolezze e
difetti per esaltarne verità e dedicando una particolare
attenziona quella cartina di tornasole che è il sesso, con
spesso gli uomini quasi vittime della vitalità e seduzione
femminile. E in questo senso si legga ''L'enigma'' col povero,
devoto Oyzer-Dovidl in perenne lotta con le tentazioni e
fantasie che gli suscita la sensuale moglie Nechele, poco
attenta ai rituali, e col mondo non ebraico fuori della porta, a
cominciare dal norcino coi suoi quarti di maiale esibiti anche
alla vigilia dello Yom Kippur, che ''i Goyim non sanno nemmeno
quando è''. C'è da preparare l'ultima cena prima del digiuno e
l'accensione delle candele e Nechele si occupa di vestiti e di
sé e al marito sembra indemoniata, così, quando scoprirà che è
fuggita con un altro, rifletterà che ''dopo quelle cattive
notizie la via della santità si stendeva dritta davanti a lui''.
E poi c'è Manya de ''I poteri'' che conosce ricette afrodisiache
ed è libera come una zingara, superstiziosa e ''a suo modo molto
raffinata, specialmente nel sesso'', che irrompe nella vita di
un aspirante artista io narrante, che dice di avere anche delle
premonizioni.
''Un amico di Kafka'' appartiene alle pagine migliori di
Singer, con quella sua scrittura incalzante, diretta, sempre in
bilico tra comprensione umana e un filo di ironia, sapiente
nelle notazioni di sfuggita e nel cogliere psicologie e
caratteri, in cui si riverbera tutto un mondo che alla fine
conosciamo come lo avessimo vissuto. Tra un campionario di
varietà umane colte nell'essenza con poche parole, protagonista
è il vecchio e malandato ex attore di teatro yiddish Jacques
Kohn, che vestiva ancora come un dandy, ma con abiti logori e
viveva in una soffitta gelida, il quale aveva conosciuto Kafka
nel 1911, quando nessuno sapeva ancora chi fosse. E lo racconta
per l'ennesima volta all'io narrante, giovane scrittore, che
ogni volta che lo incontra gli dona una moneta, ricordando come
una volta portò il timido scrittore a Praga in un bordello, da
cui questi fuggì tremante. Kafka, dice, era convinto che
esistessero parole magiche capaci di trasformare un pugno di
argilla in un essere vivente, il Golem, e assieme aveva la
capacità di vedere chiaramente tutti i difetti della scrittura
sua e altrui. Il povero Kohn si sente oramai senza più speranza,
ma continua a giocare la sua ''partita a scacchi col destino.
Lui fa una mossa, noi ne facciamo un'altra. Lui cerca di darci
scacco in tre mosse, noi cerchiamo di impedirglielo. Sappiamo
che non potremo vincere, eppure qualcosa ci spinge a dargli
battaglia'' e la vita così gli concederà ancora una mossa
vincente.
Tante le storie coinvolgenti, da ''La scommessa'', con la
miseria, le avventure, le paure, le fughe di Avram Wolf tra
fantasmi e persone reali, a ''L'elegantona'', la zitella Edele
schiva (sino alla morte) di stoffe e trine, della moda e degli
abiti, o tra gli ''Ospiti di una sera d'inverno'' zia Itte Fruma
che si insedia a sorpresa nella famiglia del fratello
sconvolgendola con le sue attenzioni, invenzioni, doni e
fantasie.
In tutto questo ''Qualcosa c'è'', come si intitola l'ultimo
racconto, ed è la religione che permea la vita e la presenza
invisibile di un Dio misericordioso, anche se non sempre
benevolo.
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