(di Paolo Petroni)
VALERIA PARRELLA, ''LA FORTUNA''
(FELTRINELLI, pp. 142 - 16,00 euro). ''Siamo entrati nella
notte, nel nero, nel buio. Mi sono sentito eccitato: quando
rischi tutto sei libero'', dice Lucio, io narrante di questo
lungo racconto di Valeria Parrella, che sta portando la Fortuna,
la nave di cui è al comando, dentro la nube calata sin sul mare
davanti Pompei durante l'eruzione del Vesuvio. Spera di riuscire
a imbarcare gente che chiede aiuto ammassata al porto e
soprattutto prelevare da casa sua la madre e la sua vecchia
balia.
E' un vero e proprio attraversamento del giorno che si è
fatto notte scura, sino a uscire dall'altra parte, davanti allo
scoglio di Ercole, col mare e la costa che si sono innalzati e
l'acqua diventata densa in cui è difficile immergere il remo e
così' l'aria, affrontata tenendo bende umide su naso e bocca. Ed
è in questo ambiente infernale che il vecchio Plinio, ammiraglio
che cede il comando di tutta la flotta al giovane Lucio, decide
di scendere a terra e andare a vedere da vicino cosa sta
accadendo. Il suo corpo sarà ritrovato poi a terra con in mano i
taccuini dei suoi appunti, soddisfatto il bisogno di sapere, di
capire. A suo tempo Lucio gli aveva chiesto cosa avesse studiato
per diventare ammiraglio: ''No, io ho studiato solo per sapere
le cose'' - ''E perché sei diventato ammiraglio?'' - ''Perché
sapevo le cose''.
E' in questo desiderio di sapere e nel coraggio
nell'attraversare il buio, con pietruzze infiammate che piovono
bruciando il collo e il viso, che è il senso e la metafora di
questo breve romanzo in costume, di Lucio che da bambino, sempre
con l'idea di diventare marinaio e comandante di nave, diventa
uomo, passata la nube nera, superato con perizia il maremoto,
vinta la paura, per scoprire che tutto è sparito, distrutto.
''Le persone hanno un'idea vaga della catastrofe, finché non se
la trovano davanti'' e retorica, di eroi dalle parole alate,
''invece nella catastrofe non è possibile alcuna postura, alcuna
grandezza. E' eroe chi sopravvive a quel momento, chi lo
conserva e continua a vivere. Farsi custodi del mondo di prima è
già abbastanza per una vita mortale''. Solo così si riuscirà a
ritrovare se stessi, a capire quali sono le cose che contano, i
sentimenti veri con le persone e il rapporto col mondo e la
natura.
Passati tre giorni terribili, trovandosi in mezzo alla
''lotta tra gli dei e gli uomini'', ci si scopre ''custodi del
tempo, che lo cerchiamo nella sabbia della clessidra... Senza
gli uomini il tempo non esiste, invece noi non esistiamo che nel
tempo''. E allora, tra le tre parche che tessono il filo della
nostra vita, è quella di mezzo a interessare chi non vuole
abbandonarsi al destino e cerca di prendere in mano il proprio,
come un giorno prederà in mano il comando della ''Fortuna''.
Lucio è un giovane romano di buona famiglia, un adolescente
pieno di vita e curiosità, forte dell'ambizione di chi pensa che
il mondo dipenda da lui e da come lo affronta e organizza, tra
le dolcezze delle terme e un amore per l'efebico figlio di un
oste come tra la ferocia delle lotte di gladiatori o la crudeltà
di certe punizioni, riuscendo a reagire a un limite, non
considerandolo tale, anzi un'occasione, come accade a lui, quasi
cieco da un occhio storto.
C'è così la vita quotidiana nella Pompei di allora, quella di
un adolescente gli studi a Roma alla scuola di retorica di
Quintiliano dove a valutarli arriva il poeta Marziale, e questo
ordine fatto di equilibrio, ambizione, doveri e piaceri, proprio
quando sembra le cose vadano per il meglio, i desideri si
possano avverare, l'imponderabile, la furia della natura cambia
tutto e ti lascia disfatto, solo, senza nemmeno un corpo su cui
piangere. E tutto vive nella grande, apparentemente naturale
misura della scrittura della Parrella e la costruzione della
vicenda, senza retorica, asciutta, raccontata nei fatti, sapendo
che ''noi siamo esattamente la nostra sorte - come Plinio spiega
a Lucio - e non è che ce la possiamo togliere di dosso quando
non ci sta più bene come la maschera alla fine della tragedia.
Nella vita il teatro è sempre aperto''.
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