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Spatriati, di cosa parla il libro di Mario Desiati che ha vinto il premio Strega 2022

Spatriati, di cosa parla il libro di Mario Desiati che ha vinto il premio Strega 2022

Romanzo tenero e duro di giovani in fuga e alla ricerca di un'identità

ROMA, 31 agosto 2021, 10:43

di Paolo Petroni

ANSACheck

Strega: trionfa Mario Desiati - RIPRODUZIONE RISERVATA

Strega: trionfa Mario Desiati - RIPRODUZIONE RISERVATA
Strega: trionfa Mario Desiati - RIPRODUZIONE RISERVATA

    ''Gli incerti, gli irregolari, gli inclassificabili, a volte i balordi e gli orfani, oppure celibi, nubili, giorovaghi e vagabondi, o forse, nel caso che ci riguarda, i liberati'', sono questi gli spatriati che danno il titolo all'ultimo, bel romanzo delicato e forte di Mario Desiati, definizione che riguarda i due protagonisti, due ragazzi pugliesi di provincia, l'io narrante principale Francesco Veleno e Claudia Fanelli, diventati profondamente amici sin dai tempi della scuola al loro paese in Puglia, Martina Franca.
Con Spatriati, pubblicato da Einaudi (pp 278 Euro 20,00), Mario Desiati ha vinto il premio Strega 2022. "Spatriati - ha detto Desiati, make up sugli occhi, collarino, look fluido ritirando il premio - è l'ennesima potenza di queer, ci sono tante persone che non vogliono definirsi sessualmente, ma anche politicamente, in un mondo dove tutti ti chiedono a chi appartieni, dove ti dicono dove mettersi. Ed è un po' quello che sto cercando di fare anch'io"
Il suo romanzo diventerà un film, come già è accaduto con il precedente Il paese delle spose infelici: l'autore di Locorotondo (Bari) , cresciuto a Martina Franca (Taranto), che vive tra Roma e Berlino, ha ceduto i diritti alla giovane società Dude.
Desiati, classe 1977 ha vinto lo Strega dopo averlo sfiorato nel 2011 con Ternitti, a sette anni da un altro pugliese, Nicola Lagioia della Ferocia, a 27 anni da quello postumo per Mariateresa Di Lascia con il suo Passaggio in ombra. Proprio a lei una delle due dediche, l'altra ad Alessandro Leogrande sulla cui tomba andrà a celebrare con il liquore del premio.
Il libro racconta la loro vita (e vitalità) e soprattutto entra quasi con partecipe tenerezza nella loro intimità nell'affrontare le esperienze più varie di una generazione cresciuta a cavallo del Duemila, 'spatriati' alla ricerca di un futuro e un'identità, liquida come diceva Baumann, ma positivamente, come apertura e liberazione, anche a costo romanzo lavora e di sentirsi vivi grazie a ferite profonde nell'alternarsi di dolori e godimenti. Non a caso torna più volte il termine patria in senso metaforico, luogo dell'esistenza e del modo di essere. Lui è nero, è ''Uva nera'' come lo chiama la madre, lei ha capelli rossi sfavillanti come marasche, pelle lunare e occhi di due colori diversi, ''di bosco''. Lui è insicuro, religioso, profondamente legato al suo paese, timoroso e abitato da fantasmi e desideri che lo seducono ma non sa come affrontare, e lei al contrario, ''come piovuta da un altro mondo'', è ribelle, nomade e pronta alla sfida negli amori come nelle scelte di vita e nelle partenze, ama i libri e la poesia che fa amare anche a lui. Francesco dice di amarla e l'aspettarla sempre gli riempie la vita, Claudia sfugge e torna, perché tra loro c'è un affetto profondo, un intimità vera anche nel mettersi a nudo, un legame che sono anche le comuni radici e assieme quell'essere, nella differenza, ambedue senza certezze, nell'impossibile ricerca di punti fermi. Al loro paese quando vogliono sapere chi sei in tutti i sensi domandano ''Come ti metti?''.
    Seguono così esperienze e vite proprie, ma sapendo che l'altro è sempre lì, ''l'unica patria che sapeva riconoscermi'', sino a quando Francesco, che ha messo su un'agenzia immobiliare che funziona, riceve minacce dalla malavita pugliese e decide di chiudere e raggiungere finalmente Claudia che oramai vive a Berlino, dove passa da un lavoro di prestigio a fare l'inserviente in una casa di riposo e poi creerà una sua società di catering. Sono gli anni in cui Berlino è luogo di libertà e esperienze anche estreme, libertarie e provocatoriamente immorali e assieme un grande e vivace laboratorio artistico di avanguardia internazionale, specie musicale, elettronica e techno, di cui club come il Berghain sono luoghi storici emblematici e che i due frequentano. Intanto lei, tra un ritorno e l'altro dell'amata, sbandata e complicata Erika, che troverà pace solo quando si ripresenterà incinta e partorirà una bambina cui sarà dato l'emblematico nome di Elfo, ha una convivenza affettuosa con Adria, un bel giovane georgiano, che poi sedurrà e conquisterà il cuore di Stefano. Claudia è integrata e con documenti in regola, lui con carte provvisorie: ''ero un'erbaccia selvatica, ferrigna e cocciuta, ma estirpabile senza proteste da un momento all'altro. Eravamo miglia così, anelavamo alla casualità dell'umido e della pioggia, con la gioia di chi si trova nell'unica patria possibile, quella in cui non rispondiamo a nessuno di ciò che siamo''. Erika invece ''assomiglia un po' al tempo che viviamo, sottovaluta i semi della poesia, l'intreccio delle nostre radici e il mondo interiore suo e della figlia''.
    Desiati, inseguendo Stefano e Claudia, dando voce all'inquietudine di uno e dell'altra (ogni tanto anche lei in prima persona) in capitoli che prendo titolo e senso da una parola dialettale o da una tedesca, racconta tutto con bel ritmo e una lingua colta e raffinata sino a mostrare la levità della naturalezza e mantiene sempre un sguardo aperto, così da non far dimenticare mai che alla base c'è un desiderio di fuga e indipendenza dalle oppressioni del provincialismo italiano. I due lo vivono sulla propria pelle grazie pure allo scandalo della madre di Stefano e del padre di Claudia che diventano amanti (''spatriati'' anche loro), ma di cosa quelle convenzioni rappresentino hanno coscienza grazie anche alla cultura, alla frequentazione della letteratura pugliese (che l'autore recupera con molte citazioni di opere e autori, da Bodini a Marniti) libera e al fondo come sempre universale.

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