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Architetture da conoscere, le case più belle del mondo

Architetture da conoscere, le case più belle del mondo

Dall'Archivio Domus, 50 'assoluti relativi' di abitazioni ancora oggi in sintonia con il tempo

16 novembre 2022, 17:05

Redazione ANSA

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Mangiarotti - Morassutti - Casa 3 Cilindri - Milano - Ph Marco Menghi - RIPRODUZIONE RISERVATA

Mangiarotti - Morassutti - Casa 3 Cilindri - Milano - Ph Marco Menghi - RIPRODUZIONE RISERVATA
Mangiarotti - Morassutti - Casa 3 Cilindri - Milano - Ph Marco Menghi - RIPRODUZIONE RISERVATA

È un esercizio di stile inedito ed una ricerca davvero esclusiva quella realizzata da domusweb.it che navigando nel rinnovato ed infinito Archivio Domus ripercorre i quasi cento anni di pubblicazione della rivista restituendo una collezione di cinquanta architetture, tutte e solo domestiche, ancora oggi assolutamente meritevoli di attenzione. Una selezione di “assoluti relativi” che senza la pretesa di essere una classifica chiusa e definitiva rappresenta uno spunto di riflessione sia per gli addetti ai lavori sia per gli appassionati meno esperti. Un omaggio a quei luoghi dell’abitare, e ai loro ideatori, che vale la pena conoscere e magari ammirare dal vivo: cinquanta case che ancora oggi risultano interessanti, innovative, in sintonia con lo spirito del tempo e del futuro prossimo dell’architettura dell’epoca in cui erano state presentate. Un viaggio nella cultura e nella storia dell’arte dell’abitare che non poteva non essere internazionale, coerentemente allo storico approccio editoriale di Domus, ma che in Europa e in Italia in particolare, fa la sua tappa più importante con ben 14 architetture nel nostro Paese, raccontate da Matteo Pirola, architetto e docente di Architettura e Design al Politecnico di Milano, e da poco Ricercatore in Design allo IULM di Milano.
Delle 14 case in Italia 7 sono a Milano, ritratte per l’occasione dal giovane fotografo Marco Menghi. C’è la Villa Malaparte di Adalberto Libera e Curzio Malaparte a Capri, Casa Cei di Ettore Sottosass a Empoli, Villa Califfa di Luigi Moretti a Santa Marinella, Casa La Scala di Vittoriano Viganò a San Felice del Benaco, e ancora tre città al nord: Udine con Villa Romanelli di Carlo Scarpa, Torino con Casa Miller di Carlo Mollino e Como con Novocomum di Giuseppe Terragni. La maglia rosa va a Milano dove è possibile ammirare ben 7 delle cinquanta architetture scelte: Case per appartamenti di Asnago e Vender, Villa Figini di Figini e Pollini, Casa Albini di Franco Albini, Casa Insinga di Umberto Riva, Case a Milano di Vico Magistretti, Condominio Piazza Carbonari di Luigi Caccia Dominioni e Casa 3 Cilindri di Angelo Mangiarotti e Bruno Morassutti. Quattro gli edifici asiatici, tutti realizzati in Giappone e ben quattordici quelli americani, dove accanto alle sei case ubicate negli Stati Uniti se ne trovano ben otto negli Stati centrali. Ed è proprio esplorando il Venezuela che la ricerca di domusweb regala uno dei risultati più sorprendenti: Villa Planchart, a Caracas, casa di Gio Ponti, fondatore della rivista.
Ecco tre tra le 50 più belle
Angelo Mangiarotti e Bruno Morassutti .  Casa 3 Cilindri, Milano (Italia), 1956-61 Domus 360 novembre 1959 / Domus 387 febbraio 1962
Angelo Mangiarotti e Bruno Morassutti hanno progettato ad ogni scala dimensionale, dal complemento d’arredo alla struttura prefabbricata, passando per l’architettura e gli interni. Questa casa inventata, fatta con tre cilindri di tre livelli sospesi ognuno su un singolo pilastro “a fungo”, riassume le sue ricerche tipologiche e offre un capolavoro in quel “quartiere giardino” limitrofo agli impianti sportivi di San Siro a Milano. Il piano terra è uno spazio aperto continuo e vegetale per le attività comuni, così come la copertura ospita un terrazzo pensile collegato all’attico dell’ultimo piano. I tre volumi indipendenti diventano semi tangenti in un nucleo di servizi centrale e le facciate sono nastri continui liberi che aprono visuali e che si tamponano o si aprono secondo la distribuzione interna voluta da ogni abitante. Al centro di ogni cilindro una colonna strutturale scatolare è permeabile ed abitabile, parte dal capitello della colonna alla base e percorre tutti i piani, irrigidendo il nocciolo e liberando tutto lo spazio circolare a sbalzo.
Gio Ponti Villa Planchart, Caracas (Venezuela), 1953-57 Domus 303 febbraio 1955 / Domus 375 febbraio 1961
In questa villa costruita dopo un viaggio di scoperta del Centro America, dei suoi territori e dei suoi artisti, Ponti ha messo tutto sé stesso mettendo in atto tutto il suo modo di pensare architettura, nell’interno e nell’esterno, due ambiti che purtroppo spesso si pensano separati ma che altro non sono che i due lati della stessa “medaglia”, medaglia preziosa che è l’architettura stessa, margine permeabile tra intimità, dentro, fuori e società. Cercando sempre la massima espressione di leggerezza delle architetture moderne, contro l’impressione del peso delle architetture passate, il risultato rispecchia l’idea di un edificio che si appoggia al terreno, e non si radica, come una farfalla leggiadra sul petalo curvo di un fiore profumato. Così sulla cima di una collina che domina la metropoli sottostante e ammira la catena montuosa retrostante, si trova questa abitazione per una famiglia di colti committenti, amanti dell’arte contemporanea e della natura vivente. L’edificio si presenta come un corpo unico poligonale con una copertura “volante” forato da aperture differenziate e impaginate in muri portati, che non chiudono cioè la scatola spaziale ma si piegano e si assottigliano lasciando aperti spiragli (d’ombra di giorno, luminosi di notte) negli spigoli di solito solidi. Dentro è una pura manifestazione ambientale dove “ogni spazio si apre per più lati sull'altro, determinando una serie di mutevoli spettacoli architettonici, composti e integrati gli uni con gli altri, con vedute incrociate, attraversamenti, d’infilata e dall’alto in basso, e viceversa.”
Lina Bo Bardi Casa de Vidro, San Paolo (Brasile), 1949-51 Domus 279 febbraio 1953
Questa casa di vetro rappresenta alla perfezione come la modernità dell’architettura, che era avanguardia negli anni ‘20, si sia trasformata e concretizzata nel dopoguerra, con una idea di spazio, struttura e materia che si è fatta più complessa e organica. Lina Bo (Bardi), personaggio straordinario e figura unica del territorio italiano, espatriata per seguire i suoi sentimenti, progetta e costruisce questo capolavoro fatto ad arte con cemento, ferro, vetro, colori, natura. In una sorta di “ala che vola”, un volume trasparente sospeso a mezz’aria su una sottile palafitta metallica e immerso nel cielo brasiliano, si trova la zona giorno, letteralmente tale, piena di luce, sole, aria, verde, atmosfera che si concretizza in una grande loggia architettonica vetrata per vivere osservando il paesaggio (ed essendone osservati). La zona notte invece è protetta e riservata nel resto dell’abitazione che è ben radicata a terra sul pendio di una collina, con una scatola architettonica con corte a giardino piena di vegetazione tropicale e muri solidi che disegnano il recinto privato dell’abitare.

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